12/12/19
Paolo Griffa: “La sostenibilità in cucina è la mia sfida di tutti i giorni”
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Il percorso dello chef Paolo Griffa e quello di S.Pellegrino Young Chef si sono incrociati nel 2015, un momento cruciale per entrambi.
La competizione era al suo esordio internazionale e Griffa era pronto a spiccare il volo. Talento, caparbietà e preparazione gli valsero il titolo S.Pellegrino Young Chef Italia 2015.
A distanza di 3 anni Paolo Griffa, che oggi ha 28 anni, non è più solo uno dei giovani talenti da tenere d’occhio, ma un professionista con grande consapevolezza della strada fatta e di quella ancora da percorrere.
Lo abbiamo incontrato in occasione dell’ennesimo e prestigioso riconoscimento raccolto quest’anno: la prima stella Michelin per il Petit Royal di Courmayeur (AO) di cui è chef dal 2017.
Congratulazioni per la tua prima stella Michelin: cosa ha rappresentato per te il raggiungimento di questo obiettivo importantissimo?
Soprattutto per noi è una gratificazione di tutto il lavoro che abbiamo fatto. Al Petit Royal stiamo lavorando con tutta la squadra proprio con questo scopo.
Abbiamo fatto di tutto per curare ogni aspetto, dalla cucina alla sala, in modo da dare al ristorante una personalità unica. Volevamo che la gente venisse da noi per vivere un’esperienza che non fosse solo legata al piatto e questo riconoscimento ci dimostra che stiamo lavorando nella giusta direzione. Quest’anno poi non c’è stata solo la stella Michelin, ma anche i premi e i riconoscimenti ottenuti dalla Guida Espresso, da Gambero Rosso, da Identità Golose e anche dalla guida del Touring.
A questo punto cosa c’è nel tuo futuro?
Davanti a me c’è ancora tanto lavoro nella direzione presa con tutta la brigata per essere ancora più precisi e consapevoli.
Da questo momento chi arriverà da noi sarà preparato, avrà aspettative alte e di conseguenza non possiamo che tendere a migliorarci sempre.
È una grande responsabilità.
Certo, ma non ci spaventa, anzi. Siamo ripagati dalle prenotazioni e dalle richieste che arrivano anche durante la settimana, per eventi e per gruppi. Non può che farci felici di essere a questo punto.
importanti. Ripensando a tutte le tue tappe, quale pensi sia stata la più determinante per te?
Non ce n’è stata una in particolare. Ho fatto delle scelte un po’ particolari a volte. In Francia ho lavorato inizialmente nei bistrot per capire come funzionasse una cucina giornaliera. Sono stato in Danimarca da Studio per scoprire la cucina nordica e gli alimenti fermentati.
In Asia ho scoperto una cultura gastronomica totalmente differente con ingredienti e materie prime, oltre che tecniche, diverse e quasi opposte alle nostre.
Viaggiare mi ha permesso di apprendere metodi diversi e aprire i miei orizzonti. Anche in Italia ho lavorato in alcune maison che sono molto diverse tra loro. Combal.zero era ricerca estetica e concettuale mentre al Piccolo Lago la cucina è molto concreta, capace di passare dal servire 10 persone a mille senza alcun problema.
Ogni esperienza mi ha dato qualcosa, come il periodo in Francia da Serge Vieira dove ho approcciato la cucina di rigore, tecnica e metodo. Tutto questo, assieme a tutti i libri che leggo, mi hanno portato ad essere quello che sono oggi.
Sapresti descrivere la tua idea di cucina oggi con solo 3 aggettivi?
Sicuramente direi: curiosa, divertente e precisa. La mia non è una cucina statica a partire dalla ricerca degli ingredienti e della presentazione. Ogni piatto è un’esperienza condivisa tra cucina e sala per riuscire ad interagire con il cliente. Dietro tutto questo c’è la massima attenzione. Nascendo pasticcere sono attento ai più piccoli dettagli, per me un millimetro a destra o a sinistra fa la differenza.
Nel 2015 hai vinto S.Pellegrino Young Chef per l’Italia. Che ricordi hai di quella esperienza e cosa ti ha lasciato?
Sono state giornate bellissime.
All’epoca mi sentivo già forte del percorso fatto fin lì e invece trovarmi in sfida con ragazzi e ragazze da tutto il mondo mi ha messo nella condizione di allargare ancora di più il mio orizzonte, ha alimentato la mia curiosità e il desiderio di migliorare ancora e sempre.
In più era la prima edizione di S.Pellegrino Young Chef quindi non sapevo cosa aspettarmi e l’emozione era tantissima.
È un’esperienza che consiglio a tutti.
Sei ancora in contatto con qualche altro partecipante di S.Pellegrino Young Chef?
L’impegno che ci è voluto e le emozioni che abbiamo vissuto ha fatto sì che si creassero dei legami molto forti che coltivo ancora oggi. S.Pellegrino Young Chef ci ha dato visibilità e ci ha permesso di intrecciare relazioni diversamente non possibili.
Invece del tuo mentor a S.Pellegrino Young Chef, Cristina Bowerman, cosa ricordi, cosa ti ha lasciato lavorare con lei?
Cristina è una persona super colta, una business woman incredibile, capace di gestire mille realtà contemporaneamente. Merito del fatto che a muoverla sia una grande passione e dedizione per il suo lavoro. Tutti aspetti di sé che trasmette a chi le sta accanto, a chi lavora con lei e a chi la guarda lavorare. Sono stato fortunato a poterla conoscere in quell’occasione e soprattutto a mantenere tutt’oggi i rapporti con lei.
Nel 2015 hai vinto con un piatto a base di trippa, definendolo un omaggio alla cucina italiana e a un ingrediente poco conosciuto.
Quale signature dish porteresti oggi, a distanza di 4 anni, e perché?
Sarebbe difficile scegliere un Signature Dish. Al Petit Royal abbiamo iniziato una strada alternativa: offrire un menu diverso di 45 piatti per ogni stagione. Considerando che siamo alla quinta stagione finora abbiamo creato 225 piatti… Sceglierne uno sarebbe complicato.
Nell’edizione 2019-2020 di S.Pellegrino Young Chef per la prima volta è stato assegnato il premio S.Pellegrino Award for Social Responsabilty per il signature dish capace di dimostrare che i principi della sostenibilità valorizzano il cibo. Come interpreti la sostenibilità nella tua cucina?
Il nostro menu è interamente espressione di sostenibilità, non potrebbe essere diversamente.
Sarebbe facile far arrivare nel mio ristorante i migliori ingredienti da tutto il mondo, ma questo sarebbe uno spreco in termini di freschezza, costi e impatto ambientale. Senza contare che in questo modo otterrei come risultato un tipo di cucina replicabile ovunque.
La mia interpretazione della sostenibilità parte proprio dal mio territorio, dalla Valle D’Aosta.
Quando sono arrivato qui pensavo di essere molto svantaggiato dal punto di vista degli ingredienti. Era una mia mancanza. Dopo aver fatto delle ricerche e aver approfondito la conoscenza di questa regione, grazie anche agli incontri con artigiani e produttori locali, ho realizzato di avere molte possibilità e molta ricchezza di prodotti e sapori.
Abbiamo fatto degli accordi a livello regionale per la raccolta delle erbe spontanee, collaboriamo con Sistema Ollignan Onlus che coltiva erbe officinali grazie al lavoro di ragazzi portatori di handicap e abbiamo una società che coltiva per noi il nostro orto dove possiamo approvvigionarci. Piano piano stiamo conoscendo sempre di più i prodotti locali, impariamo a lavorarli e li facciamo conoscere ai nostri clienti.
Chi viene a Courmayeur e prova la nostra cucina si “geolocalizza” direttamente in Val D’Aosta. È una cucina che al di fuori di questo territorio non potrebbe esistere, mancando certi prodotti e ingredienti.
Allora vuoi darci qualche anticipazione del menù per la stagione invernale?
È difficile rispondere a questa domanda.
Quando un cliente entra nel nostro ristorante non sa quanto e cosa mangerà, se sarà caldo o freddo, o che dolce potrà gustare.
Decidiamo in base alla disponibilità dei prodotti e degli ingredienti giorno per giorno. Il nostro menu si chiama Declinazioni. Ai nostri clienti non diamo una carta di piatti, ma dei fil rouge tra cui scegliere.
Abbiamo I <3 Aosta, dove tutte le portate sono incentrate sui prodotti locali. Poi c’è Né Carne né pesce, con una serie di piatti d’eccellenza a base vegetale.
Fuoco e fiamme, è composto da piatti con preparazioni diverse dalla brace, alla cenere, all’affumicatura o ai bruciati.
Infine Lost in trip che è dedicato ai viaggi e ai sapori che si possono scoprire in giro. È un percorso che parte dalla Valle D’Aosta e ripercorre i miei viaggi per poi riportarti a casa. Usiamo ingredienti locali declinati con tecniche di altri Paesi.
Questa scelta ci rende le cose più complicate, ma ci sprona ad essere sempre… curiosi, divertenti e precisi.