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PIACERE, CRISTINA BOWERMAN

15/06/18

Piacere, Cristina Bowerman

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C’è chi la definisce “la psicologa” perché si accorge subito se è successo qualcosa di personale a un suo collaboratore.

Chi le dice “tu sei come una ruspa, ti porti tutto avanti!” perché sa essere sempre presente anche quando i progetti e le responsabilità aumentano.

E chi ancora la definisce “tranchant” perché parla apertamente mettendo sempre tutte le carte in tavola.

Stiamo parlando di Cristina Bowerman, giudice della selezione italiana di tutte le edizioni di S.Pellegrino Young Chef, la competizione internazionale che si propone di ricercare il migliore giovane chef del mondo.

LE ORIGINI

Nata a Cerignola, in provincia di Foggia, la Bowerman si laurea in Giurisprudenza e nel 1992 lascia la Puglia per gli USA dove alterna gli studi forensi a quelli in graphic design. Lì comincia però a seguire anche corsi di cucina e consegue la laurea in Culinary Arts. Nel 2004 torna in Italia dove lavora prima al Convivio dei fratelli Troiani e poi al Glass Hostaria di Roma dove conquista la stella Michelin nel 2010. Oggi Cristina Bowerman è la chef sia del Glass Hostaria, sia del Romeo (Chef & Baker): ha saputo distinguersi nel mondo della gastronomia internazionale e ci è riuscita facendo quello che chiede a tutti i giovani chef che cominciano a lavorare con lei, cioè “Non risparmiarsi mai”.

COME UN FALLIMENTO DIVENTA UN SUCCESSO

La vita in cucina è fatta di momenti memorabili. Alcuni di questi lo sono per la loro estrema difficoltà. Cristina Bowerman ha scelto di raccontarcene uno, particolarmente significativo.

“Ero all’inizio della mia carriera, a un banchetto. Come primo avevo preparato gnocchetti di grano saraceno che mi si sono completamente sfaldati otturando il bollitore. La tensione era altissima: non solo non avevo più un primo, ma non avevo nemmeno più a disposizione il bollitore. Mi sono chiesta se fossi davvero capace per questo lavoro, poi ho realizzato che qualcosa dovevo pur fare per risolvere la situazione. E così ho fatto una “inversione” che è poi rimasta nella storia: ho servito prima i secondi e poi il primo… ed è stato un successo. Grazie a quell’errore, dovuto alla mia inesperienza, e alla soluzione con cui l’ho affrontato è nata la cifra distintiva del mio attuale menu degustazione “Tradizionale… ma non troppo” in cui servo l’amatriciana (il tocco della tradizione) dopo i secondi in modo che i clienti lascino il ristorante con in bocca il sapore più tradizionale del menu”.

SPAZIO AL DIVERTIMENTO IN CUCINA

Ma la cucina è fatta anche di momenti memorabili per il più puro divertimento che hanno portato. La chef a stento trattiene le risate quando racconta di quella volta che un suo sous chef perse una giacca a cui era affezionatissimo perché era un regalo della madre. Era una domenica sera e tutta la brigata la cercò in lungo e in largo per la cucina. Il martedì mattina, dopo il giorno di riposo, la giacca venne ritrovata… nel frigo!

I PIATTI SIMBOLO

Da tutti questi racconti emerge una chef dalla personalità molto forte, ma allo stesso tempo capace di godersi, anche con un pizzico di leggerezza, l’atmosfera della cucina. “Non mi prendo sul serio e mi piace sdrammatizzare l’alta cucina” è ciò che ama dire di se stessa la Bowerman. Ed è proprio su questa filosofia che sono nati alcuni dei suoi piatti più simbolici!

Il primo che la chef vuole ricordare e quello che secondo lei è esteticamente più forte: “Il nido dell’ape” (Trippa menudo style con idromele al limone) scelto anche come simbolo di Identità Golose Milano nel 2015. Il secondo, invece, è quello che Cristina considera come un’illuminazione della strada da percorrere: “Panino alla liquirizia con foie e chips di patate, con ketchup di mango e maionese al passito”. Un vero e proprio hamburger di alta cucina, servito per la prima volta nel 2006 da Glass e ancora oggi presente nel menu del Romeo.

“La cosa incredibile è che nel 2006 non si poteva nemmeno immaginare di servire, in un ristorante che aveva delle alte ambizioni, un cibo da mangiare con le mani. Ed ecco perché quella per me è stata una folgorazione: tutti mi dicevano che sarebbe stato un fallimento e che avrebbe portato il mio stile di cucina nella direzione opposta. Invece io ho capito che quello era esattamente ciò che mi piaceva fare: sdrammatizzare l’alta cucina e portarla al livello del cibo strada per renderla più democratica.”

E IL FUTURO?

Questo continua ad essere ancora oggi lo stile della Bowerman che vuole proseguire nella sua ricerca di una cucina trasversale e democratica, che sappia vivere di contaminazione senza però dimenticare mai di onorare la tradizione antica.

“Voglio sorprendere utilizzando però un linguaggio veramente comprensibile per le persone: se nessuno comprende il tuo messaggio, infatti, è come se quel messaggio non avesse nessun valore. Attraverso i miei piatti, i miei messaggi, il mio lavoro posso davvero dare un valore aggiunto a tutte le cause che sposo ogni giorno, da Action Aid a Intersos passando per le ricerche dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.”